Molto spesso sentiamo parlare di “gomito del tennista” , un’espressione che viene comunemente utilizzata per indicare l’epicondilite ovvero un disturbo a carico del gomito dovuto alla degenerazione di un tendine in prossimità della sua inserzione ossea sull’epicondilo omerale.
E cosa sarebbe?
Questa condizione, che nelle fasi acute provoca forte dolore , è una conseguenza del sovraccarico tendineo dovuto a una continua sollecitazione dei muscoli estensori del polso e delle dita. L’epicondilite, essendo una patologia degenerativa, se non trattata con tempestività peggiora con il passare del tempo ed è spesso associata a microtraumi o ad un uso eccessivo. Questa patologia provoca la perdita di elasticità del tendine compromettendo i movimenti del polso e del gomito.
Perchè mi è venuta?
L’epicondilite il più delle volte è dovuta ad un sovraccarico funzionale ossia un uso eccessivo e ripetuto del gomito. Per questo è facile che si manifesti in persone che, per attività sportive o lavorative, effettuano frequentemente movimenti ripetuti della mano, del polso e del gomito e quindi, a maggior ragione, può presentarsi in soggetti di qualsiasi sesso o età.
Cosa dovrei avvertire?
Il sintomo più indicativo dell’epicondilite è un intenso dolore e gonfiore a livello della parte esterna del gomito e si manifesta quando si compiono movimenti di estensione del polso o della mano contro una resistenza e aumenta se sollecitato attraverso movimenti che richiedono il coinvolgimento dei muscoli dell’avambraccio o se si effettua una pressione sulla parte interessata del gomito. Se l’epicondilite non viene trattata, il dolore può irradiarsi lungo l’avambraccio e persistere anche a riposo.
Come posso curarla?
L’approccio terapeutico all’epicondilite è generalmente conservativo e prevede l’utilizzo di antinfiammatori, terapie fisiche (come laserterapia ad alta potenza o tecar per migliorare la microvascolarizzazione locale), sedute di fisioterapia e stretching.
Utile è inoltre applicare del ghiaccio non a diretto contatto con la parte interessata per 15 minuti, 3-4 volte al giorno o, anche, indossare un tutore specifico di scarico della muscolatura epicondiloidea.
È fondamentale mantenere l’arto a riposo per permettere che i trattamenti siano risolutivi.
L’intervento chirurgico è da destinarsi ai casi più gravi e cronicizzati.
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